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L’Umbria cerca la ripartenza: “Crescita del Pil e fiducia, ma preoccupano calo demografico e fuga dei giovani”

La relazione sullo stato attuale dell'economia regionale: "Prevista una crescita del 6% ma senza professionalità specializzate le imprese vanno in difficoltà"

PERUGIA – Il quadro che emerge dalla Relazione  economico sociale elaborata dall’Agenzia Umbria Ricerche evidenzia come l’Umbria abbia reagito meglio della media nazionale, vedendo consolidarsi nel corso del 2021 le condizioni per la ripartenza. Dopo anni di difficoltà, e in un contesto caratterizzato negativamente dalle ripercussioni dell’emergenza sanitaria, si concretizzano i primi importanti risultati delle misure attuate da questa Giunta regionale. Continueremo, con ancora più determinazione, sulla strada intrapresa, che sta producendo i suoi effetti in termini di crescita e sviluppo della nostra regione”.

È quanto ha affermato la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, intervenuta giovedì mattina alla presentazione della Relazione economico sociale di fine anno dell’Agenzia Umbria Ricerche, “L’Umbria che riparte”, che si è svolta oggi in videoconferenza a Palazzo Donini. All’incontro hanno partecipato il Commissario straordinario dell’AUR, Alessandro Campi, e i due ricercatori che hanno curato la relazione, Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini.

“Dobbiamo proseguire nel trend di ripresa – ha rilevato la presidente Tesei – per renderla strutturale e per invertire anche la tendenza che vede un inverno demografico della nostra regione, rendendola attrattiva per i nostri giovani affinché in Umbria possano formarsi, lavorare e viverci. Altre sfide strategiche  sono quelle della sanità territoriale e digitale, della mobilità, del turismo, dell’innovazione. Muoveremo in questa direzione la leva del Pnrr, forti delle risorse per circa 1 miliardo e mezzo di euro che la Regione è riuscita ad aggiudicarsi e che utilizzeremo per gli investimenti strategici del nostro progetto, frutto di una attenta e puntuale concertazione. Altra leva fondamentale sarà quella della programmazione comunitaria, in cui sarà massimo il nostro impegno affinché ogni risorsa sia efficacemente spesa per contribuire al bene dell’Umbria e degli umbri”.

La videointervista alla presidente Tesei

Cresce il Pil, restano i problemi

   “L’Umbria riparte – ha affermato, entrando nel merito della Relazione 2021 – ed è un titolo non enfatico, né ottimista, ma fotografia derivante dalle elaborazioni dei dati di diverse fonti, dall’Istat a Svimez ad altri centri di ricerca, che mostrano una significativa ripresa economica dell’Umbria e come si siano poste le basi per proseguire positivamente nel 2022. L’Umbria riparte, pur – ha sottolineato – in un clima di grandissima incertezza legato ai mercati mondiali e all’aumento dei prezzi delle materie prime. I numeri lasciano ben sperare, ad esempio quello del Prodotto interno lordo, stimato a livello nazionale in crescita attorno al 6,2-6,3 per cento e con un dato umbro che si attesta fra il 5,7 e il 6,1 per cento”.

Preoccupa invece l’aspetto demografico: “Da quel punto di vista – ha spiegato Mauro Casavecchia – è in atto una sorta di tempesta perfetta: l’aumento delle nascite è in picchiata, con un calo demografico iniziato nel 2008 e mai recuperato, i giovani scappano fuori regione perché questa non offre prospettive lavorative a loro adeguate e contemporaneamente si registra la fine della compensazione del calo delle nascite con l’immigrazione. Bisogna poi investire anche per evitare la fuga dei giovani specializzati, molto richiesti dalle aziende, ma che qui in Umbria evidentemente non trovano adeguate prospettive”. Un altro fattore che ha inciso nello stato di salute dell’economia regionale umbra dello scorso anno sono state le dimissioni di massa dal lavoro, soprattutto dipendente:  quasi il 36% delle cessazioni di lavoro è stato dovuto a questo, con 6000 dimissioni volontarie nei primi sei mesi dello scorso anno, il 67% del totale.

C’è comunque fiducia anche considerato il fatto che lo scorso anno in Umbria sono comunque stati assunti 6700 lavoratori, il 30%in più rispetto al periodo pre-covid.

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