PERUGIA – Diciamolo subito per evitare equivoci o illazioni: non sono indagati, non hanno restrizione e hanno ribadito non solo di non avere avuto legami ma neanche di conoscere chi li tira in ballo. Questo per chiarire. I fatti: nell’inchiesta sulla infiltrazioni della ‘ndrangheta in Umbria dalle intercettazioni emergono anche i nomi di Nilo Arcudi, già vicesindaco, attuale presidente del consiglio comunale, e Luigi Repace, presidente del comitato regionale umbro della Lega nazionale dilettanti, in virtù di presunti aiuti delle cosche alla moglie Alessandra Vezzosi, anch’ella candidata nel 2014. I due esponenti politici perugini vengono tirati in ballo da Antonio Ribecco, membro affiliato al clan Manolo e da esponenti legati a Cosimo Commisso, considerato capo della cosca sidernese (leggi l’articolo del Corriere su intercettazioni). Specifichiamo, ancora una volta, che sia Arcudi che Repace che Vezzosi risultano non indagati e il loro coinvolgimento nelle intercettazioni non comporta necessariamente un loro coinvolgimento nelle operazioni illegali.
La nota Vezzosi non ha voluto replicare mentre Arcudi ha dato la sua versione attraverso una nota: “Cme privato cittadino, ma soprattutto nei ruoli istituzionali da me ricoperti in questi lunghi anni, ho sempre combattuto in modo aperto e senza tentennamenti tutte le forme di criminalità, anche organizzata, tanto più la ndrangheta, che ha purtroppo impoverito, umiliato ed annientato la terra dove sono nato. Sia io che i miei collaboratori, da sempre, abbiamo con estrema prudenza monitorato e selezionato, anche acquisendo preliminari informazioni, le persone da incontrare con le quali lavorare, condividere, promuovere e progettare ogni forma di iniziativa politica che riguardava il sottoscritto e/o le forze politiche alle quali appartenevo. Dal 2003 al 2019 ho partecipato – sottolinea – a centinaia di manifestazioni elettorali incontrando in quelle occasioni pubbliche migliaia e migliaia di persone, di ogni ceto sociale e provenienza geografica, persone alle quali ovviamente non potevo richiedere, né delle quali potevo conoscere, precedenti penali e/o frequentazioni. Nel tempo ho ricevuto migliaia di voti, dato facilmente riscontrabile, ma solo oggi, ripeto, vengo a conoscenza che in una precedete competizione politica avrei ottenuto il voto di un soggetto oggi indagato per mafia”.
Percezione Arcudi continua sottolineando che “qualora ne avessi avuto la minima percezione – rimarca – all’epoca non avrei mai, mai e poi mai accettato o voluto neanche questo singolo voto. Qualora invece si fosse trattato di un subdolo tentativo di insinuarsi e creare legami con le istituzioni, tale tentativo è andato, di sicuro con me, totalmente a vuoto. Viene da solo, vista la premessa, che escludo categoricamente e totalmente che qualcuno degli odierni indagati/arrestati abbia ottenuto in tutti questi anni da me un incotro o un appuntamento per chiedere o ottenere qualcosa. È evidente che, ove necessario, non avrò alcuna esitazione a tutelare la mia onorabilità, sia come uomo che come politico, in tutte le sedi opportune. Plaudo al contempo alla procura – conclude – ed alle forze dell’ordine per il prezioso lavoro fatto a tutela del territorio e dell’Umbria”.